Faq
Domande Frequenti
Da oltre trent’anni siamo in prima linea nella diffusione dell’Affido in Italia dove sono ancora troppo poche le persone e le famiglie che sono abbastanza informate per iniziare questo percorso in piena consapevolezza.Â
Tante le domande e tanti i dubbi che circondano questo argomento: in questa pagina abbiamo riportato le domande più frequenti sull’Affido ed abbiamo risposto.
Se hai interesse per l’Affido e vuoi saperne di più, non esitare a contattarci compilando il form che trovi a fondo pagina.
Cos’è l’affidamento familiare?
L’affidamento familiare è un intervento “a termine” di aiuto e sostegno a un/a bambino/a che proviene da una famiglia in difficoltà , temporaneamente non in grado di occuparsi della sua educazione e delle sue necessità materiali e affettive.
L’affido dura il tempo necessario al recupero della famiglia di origine, con la quale il bambino mantiene un legame e dove, prima o poi, rientrerà . Gli affidi hanno finora riguardato l’area degli interventi di volontariato; si sta lavorando per meglio definire e riconoscere anche questi interventi di aiuto forniti dalle famiglie.
L’affidamento di un/a bambino/a a una famiglia diversa dalla sua è un intervento del Servizio Sociale delicato e impegnativo.
L’affidamento familiare (o temporaneo) è stato introdotto dalla legge n.184 del 1983 che ha disciplinato anche l’attuale adozione. L’art.2 di questa legge dice che “il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un’altra famiglia”. Presupposto dell’affidamento è, dunque, una incapacità , una difficoltà educativa dei genitori che deve però avere il carattere della transitorietà , della temporaneità e proprio questa temporaneità distingue l’affidamento dagli altri sistemi di definitiva sostituzione del nucleo familiare. L’affidamento, infatti, non modifica la situazione familiare del minore: i genitori conservano la potestà , ma l’esercizio di questa, così come il dovere di mantenere, istruire, educare il minore, secondo il dettato dell’art. 30 della Costituzione, compete agli affidatari.
L’altro, fondamentale, compito degli affidatari è il dover agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori al fine di favorirne il rientro nella famiglia d’origine: questa è la grande responsabilità che grava sulla coppia affidataria la quale dovrà impostare tutto il rapporto col bambino in un’ottica di gratuità , senza alcuna prospettiva di eventuale adozione dello stesso. Possiamo dire, dunque, che l’affidamento consiste in una sorta di “adozione allargata”: gli affidatari, infatti, devono prendersi cura non solo del minore ma di tutto il suo nucleo familiare, affinché possa superare il momento di temporanea difficoltà .
Gli affidatari possono essere: una famiglia, possibilmente con figli minori, o una persona singola o una comunità di tipo familiare. Solo in caso di impossibilità a reperire un conveniente affidamento familiare, è consentito come extrema ratio anche il ricovero in un istituto.
L’affidamento viene predisposto dal Servizio Sociale, ossia dalla struttura amministrativa preposta al servizio di tutela dell’infanzia, ma per diventare esecutivo necessita dell’intervento di un organo giudiziario. Nel caso in cui la famiglia di origine abbia espresso il suo assenso all’affidamento temporaneo del figlio a un’altra famiglia, sarà il Giudice Tutelare a emettere il decreto con cui l’affidamento diviene esecutivo. Nel caso in cui, invece, non ci sia il consenso della famiglia d’origine, sarà il Tribunale per i Minorenni competente a renderlo esecutivo, eventualmente anche limitando o escludendo del tutto la potestà dei genitori, limitatamente per il periodo di durata dell’affidamento stesso, periodo che dovrebbe servire alla famiglia d’origine per un recupero delle condizioni necessarie al ruolo dei genitori. L’affidamento può infatti cessare per il venir meno della situazione di temporanea difficoltà che lo ha determinato, o nel caso in cui la prosecuzione rechi pregiudizio al minore oppure ancora per la decorrenza del tempo previsto nel progetto del Servizio Sociale, salvo nel caso in cui l’interesse del minore ne esiga la sua prosecuzione.
Una volta cessato l’affidamento il giudice, valutata la situazione, potrà disporre il reinserimento del minore nella famiglia d’origine oppure un nuovo affidamento presso un’altra famiglia oppure ancora potrà dichiarare il minore in stato di adottabilità , nel caso in cui l’incapacità dei genitori della famiglia di origine assuma il carattere della definitività .
Possiamo decidere di adottare il bambino che ci è stato affidato?
Se rifiutiamo l'affido di un bambino che non ha l'età o le caratteristiche che noi ci immaginiamo verremo ancora contattati?
Esistono diversi tipi di affido?
Sì, l’affido può essere:
- Consensuale, quando i genitori sono concordi con il provvedimento. Avviene con il consenso valido dei genitori o di chi ha la patria potestà . Viene effettuato attraverso i servizi sociali ed è convalidato dal giudice tutelare. L’affidamento del proprio figlio ai parenti entro il 4 grado può avvenire senza particolari formalità .
- Giudiziale, quando non vi è il consenso dei genitori e l’affido è decretato dal tribunale per i Minorenni. In attesa delle decisioni definitive del tribunale, il minore può essere affidato a una famiglia già dichiarata idonea alla quale il minore potrebbe essere dato in adozione alla fine del procedimento. La famiglia non viene resa nota ai parenti del minore (gli incontri con il bambino avvengono in un ambiente neutro – in genere presso l’USL) per assicurare l’incognito, obbligatorio per legge, nell’adozione.
L’affidamento è progettato in base alle esigenze del bambino, alla sua situazione familiare specifica e ai problemi che essa presenta.
Che durata può avere l’affido?
La durata dell’affido è stabilita dal progetto, che può prevedere:
- Periodi lunghi (1 o più anni)
- Periodi brevi (pochi mesi, giorni, vacanze estive)
- L’affidamento può riguardare anche solo una parte della giornata, per lo svolgimento dei compiti scolastici oppure essere necessario per i soli fine settimana.
Esistono dei limiti legali relativi al numero di bambini da poter prendere in affidamento?
No, non esistono limiti legali relativi al numero di bambini da poter prendere in affidamento. Tuttavia, essendo i vari centri affidi dei comuni o le ASL, su delega del comune, a dare i bambini in affidamento, tutto dipende da psicologi e assistenti sociali che dovrebbero dare i bambini in affidamento, dipende cioè se reputano che la famiglia affidataria possa aiutare concretamente quel bambino in più, ovvero il numero dipende dalla loro discrezionalità .Â
Come fare per avere in Affido un bambino.
Sostanzialmente si deve differenziare tra residenziali e part-time, ovvero dove si preveda una convivenza più stabile possibile (quindi anche con pernottamento) ed altri di semplice ausilio alla famiglia e al bambino, in cui il minore rientri in casa a dormire.
Anche qui, in base a disponibilità , età , situazione familiare sono gli psicologi preposti alla verifica a valutare se ciò che viene richiesto è effettivamente adeguato.
Primo passo, quindi, è quello di rivolgersi ai centri affidi e dare la propria disponibilità . Maggiori sono i centri affidi a cui ci si rivolge, maggiori le possibilità di ottenere quanto richiesto.
Limitazione, però, di questa procedura è il fatto che, almeno allo stato attuale, i centri affidi non siano tra loro collegati. Quindi può succedere che lei si rivolga ad un Centro Affidi e questi non abbia bambini da affidare, ma altri centri affidi potrebbero avere la necessità di collocare qualche minore.
L’affidamento, infatti, può prevedere anche un allontanamento dalla famiglia di origine molto forte, come lo spostamento del minore in altra regione. Le consiglierei anche di inviare una sua lettera, quanto più dettagliata possibile, al Presidente di ogni Tribunale Minorile che ha sede in ogni capoluogo di Regione.
L’idea che ci ha fatto nascere deriva proprio da questa limitazione. Vogliamo mettere in contatto realtà di abbandono con situazioni familiari e strutture in grado di soddisfare la richiesta. Per legge non possiamo dare in affidamento bambini, ma qualora fossimo a conoscenza di casi per cui non si riesca a trovare una sistemazione, proponiamo alle persone che ce ne hanno fatto richiesta tale ipotesi. Se c’è ancora interesse, provvediamo a mettere in contatto il centro affido in questione con la famiglia o l’ente disposto a prendere il bambino, saranno poi gli psicologi e gli assistenti sociali a valutare l’affidabilità ’ della famiglia in questione. Tutto in maniera gratuita naturalmente, in quanto ci preme aiutare un numero maggiore di bambini che possano aver bisogno di amore, quell’amore troppo spesso negato loro.
Vorrei sapere se i Servizi prima di apportare modifiche al progetto d'affido sono tenuti a consultare la famiglia affidataria.
Dipende da come è stato promulgato il provvedimento di affido. In linea generale dovrebbe essere che i servizi dovrebbero consultare la famiglia affidataria, in quanto il progetto dovrebbe essere concordato insieme per l’interesse del minore, ma non è raro il caso in cui ciò non accade e i servizi si arrogano il diritto di decidere per tutti, ivi incluso il rientro in famiglia del minore. Organo superiore ai servizi è sempre il tribunale dei Minorenni ai quali è bene rivolgersi ogni volta che manca il dialogo con i servizi sociali
È possibile ottenere l’affido di un bambino per chi è single?
Il fatto di essere single non è certo un ostacolo, anche se in un caso del genere viene preferita una coppia, in modo da sostituire entrambe le figure di riferimento per il minore. Il requisito di essere single è visto con maggiore simpatia nei casi in cui la famiglia naturale sia ancora presente e non sia troppo negativa.
Per richiedere l’affidamento non consigliamo di rivolgersi al servizio sociale o al centro affidi perché, oberati di lavoro, non potrebbero garantire una risposta immediata ed efficace.
Consigliamo pertanto di rivolgersi direttamente al Presidente del Tribunale dei Minori del Capoluogo di Regione della regione in cui il bambino ha la residenza, di scrivere una lettera al Presidente spiegando la situazione, le proprie motivazioni, parlando di sé e delle proprie possibilità economiche, della presenza di un/una compagno/a (se esiste), della disponibilità di tempo nell’occuparsi del bambino. Qualche giorno dopo aver inviato la lettera in Raccomandata con ricevuta di Ritorno (o, meglio, se abiti vicino, dopo averla consegnata a mano e averla fatta protocollare) recarsi alla cancelleria civile del Tribunale Minorile e chiedere se tale lettera è stata consegnata al Presidente. Dopodiché chiedere un appuntamento con il Presidente o eventualmente con il Giudice minorile che si occupa del caso (il rapporto personale è sempre preferito dai giudici piuttosto che una semplice lettera). In tale colloquio ribadire le proprie posizioni in merito alla situazione (anche perché arrivano in tribunale molte lettere ogni giorno e molte non vengono lette se non dopo mesi).
Quali sono le caratteristiche che una famiglia deve avere per poter avere in affidamento un bambino? per fare domanda di affido devo rivolgermi a un ente della mia zona?
Requisiti necessari particolari per l’affidamento non ci sono. La valutazione se una persona (al contrario dell’adozione, l’affidamento può essere concesso anche a un single e logicamente non ci sono preclusioni a una coppia di fatto, anche se non coniugata) è adatta all’affidamento è lasciata ai responsabili dei centri affidi istituiti presso tutti i comuni o presso le ASL (ma la competenza è comunale, quindi passeranno presto tutti ai comuni, i quali potranno comunque delegare tale funzione a chiunque, anche a privati).
Vi sono molti tipi di affidamento e tra questi bisogna indicare verso quali ci si sente maggiormente portati o verso quali le nostre risorse umane siano più adatte. Sostanzialmente si deve differenziare tra residenziali e part time, ovvero dove si preveda una convivenza più stabile possibile (quindi anche con pernottamento) e altri di semplice ausilio alla famiglia e al bambino, in cui il minore rientri in casa a dormire. Anche qui, in base a disponibilità , età , situazione familiare sono gli psicologi preposti alla verifica a valutare se ciò che viene richiesto è effettivamente adeguato.
Primo passo, quindi, è quello di rivolgersi ai centri affidi e dare la propria disponibilità . Maggiori sono i centri affidi a cui ci si rivolge, maggiori le possibilità di ottenere quanto richiesto.
Limitazione, però, di questa procedura è il fatto che, almeno allo stato attuale, i centri affidi non siano tra loro collegati. Quindi, può succedere che ci si rivolga ad un Centro Affidi e questi non abbia bambini da affidare, ma altri centri affidi potrebbero avere la necessità di collocare qualche minore.
L’affidamento, infatti, può prevedere anche un allontanamento dalla famiglia di origine molto forte, come lo spostamento del minore in altra regione.
Consigliamo di presentarsi ai centri affidi delle città capoluogo di provincia della propria regione e delle regioni limitrofe e anche di inviare una lettera, quanto più dettagliata possibile, al Presidente di ogni Tribunale Minorile che ha sede in ogni capoluogo di regione.
L’idea che ci ha fatto nascere deriva proprio da questa limitazione. Vogliamo mettere in contatto realtà di abbandono con situazioni familiari e strutture in grado di soddisfare la richiesta. Per legge non possiamo dare in affidamento bambini, ma qualora fossimo a conoscenza di casi per cui non si riesca a trovare una sistemazione, proponiamo alle persone che ce ne hanno fatto richiesta tale ipotesi. Se c’è ancora interesse, provvediamo a mettere in contatto il centro affido in questione con la famiglia o l’ente disposto a prendere il bambino, saranno poi gli psicologi e gli assistenti sociali a valutare l’affidabilità della famiglia in questione. Tutto in maniera gratuita naturalmente, in quanto ci preme aiutare un numero maggiore di bambini che possano aver bisogno di amore, quell’amore troppo spesso negato loro.
Vorremmo un bambino in affido, ma forse non siamo alla altezza
La nostra casa non è tanto grande
Non voglio provare, per non soffrire quando il bambino rientrerà nella sua famiglia.
L’affido è un intervento che ha una durata temporale, ma non è detto che i rapporti si interrompano al termine dell’affido: spesso le relazioni continuano, per esempio per periodi di vacanza, o altre occasioni. Le esperienze già concluse ci insegnano che, accogliendo un bambino e accettando la sua storia e il suo mondo, non sarà difficile separarsi da lui, se questo è il suo bene.
E se, allo scadere dei tempi previsti dal progetto, la famiglia di origine non è pronta ad accogliere nuovamente il bambino/a?
La comunità o l'istituto sono più neutri: forse i bambini si adattano meglio ad una realtà di questo tipo.
E se durante un affido di lunga durata, la famiglia affidataria sente la necessità di un periodo di pausa?
Il poter contare su numerose e variegate disponibilità di famiglie affidatarie, fornirà l’opportunità di individuare “famiglie di supporto”, che possano, per esempio, trascorrere un periodo di vacanza con un bambino in affido, oppure intervenire in momenti particolari della vita della famiglia affidataria. Per questo ogni disponibilità delle famiglie, anche se parziale o limitata, è preziosa e importante!
Che cosa fare se il bambino non si adatta alla nostra famiglia?
È bene far conoscere i propri dubbi o timori agli operatori del Servizio o al gruppo delle famiglie affidatarie; insieme si valuterà se si tratta di una crisi iniziale, se le aspettative erano eccessive rispetto all’evoluzione e ai miglioramenti del bambino, o se è necessario apportare qualche modifica al progetto iniziale.
Come comportarsi se la famiglia di origine è invadente o disturbante?
Se il bambino mi fa arrabbiare, posso sgridarlo come faccio con i miei figli?
Io vorrei dare la disponibilità per un affido, ma mio marito - o i miei figli - non sono tanto favorevoli. Va bene lo stesso?
Un affidamento ben riuscito richiede l’adesione e la collaborazione di tutta la famiglia, soprattutto quelle del coniuge. Forse il marito, o la moglie, potrebbero accettare di effettuare qualche colloquio informativo e di approfondimento che aiuti a mediare tra le diverse intenzioni.
Di chi è la competenza economica dei bambini nel caso in cui i genitori naturali vengano cancellati dall'ufficio anagrafe del comune di appartenenza?
Per queste situazioni la competenza per risolvere il problema è del servizio sociale che ha istruito l’affido se si tratta di un affido familiare consensuale.
La famiglia affidataria non si deve preoccupare di queste incombenze burocratiche, che devono essere adempiute dalle assistenti sociali che seguono i minori.
La richiesta di sussidio si deve ripetere ogni anno, compilando un modulo apposito che deve essere firmato dalla famiglia affidataria.
Se le assistenti sociali o i servizi sociali che si sono occupati dell’affido non vogliono risolvere il problema e giocano a “scarica barile” bisogna fare una lettera raccomandata al giudice tutelare che ha avallato l’affido, facendo presente la situazione: cioè che l’affido in atto non è più seguito da nessun servizio sociale.
Normalmente quando i minori sono dati in affidamento a un comune diverso da quello di residenza dei genitori e il servizio sociale non è in grado di seguire l’affido, si passa l’incarico di seguire i minori e la famiglia affidataria al comune di residenza della famiglia affidataria, per competenza territoriale.
Se si tratta di un affido giudiziario istituito dal Tribunale per i minorenni bisogna far riferimento ad esso.
A chi mi posso rivolgere per segnalare (in caso di bisogno) un bambino in difficoltà ?
Di solito quando c’è un caso da segnalare è meglio non perdere tempo, visto che l’iter burocratico è lento. Solitamente si devono fare tre denunce: una al Tribunale dei Minori alla cortese attenzione del Presidente del Tribunale (che provvederà a darne incarico al giudice di competenza per le indagini preliminari) via raccomandata e inviando un fax. Una seconda denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Minorile (di persona prendendo un appuntamento con il procuratore che si occupa della città in cui risiede il minore). Una terza alla Questura (Ufficio Minori).
A cosa andrà incontro il minore dopo la segnalazione conoscendo i nostri iter burocratici così lenti?
Il minore andrà sicuramente incontro a qualcosa di positivo, nel senso che il tentativo di far emergere allo scoperto una situazione di disagio o maltrattamento porterà al miglioramento della situazione mediante opportuni provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Purtroppo nessuna rosa è priva di spine, in quanto alle volte i provvedimenti del Tribunale non possono soddisfare tutti gli aspetti. Anche se l’iter burocratico è lento, bisogna pur iniziare una pratica per poterla vedere andare avanti e poi a buon fine. Ci sono però dei casi in cui i giudici prendono provvedimenti di urgenza nel giro di poche ore. Chiaramente dipende dalla gravità della situazione e dall’interpretazione che ne da il giudice stesso. Per questo motivo la segnalazione-denuncia deve essere più dettagliata possibile, adducendo non solo le proprie impressioni, ma anche dei documenti cartacei a dimostrazione di quanto si dice. Non ci sarà nessun giudice che, in base alla segnalazione di un cittadino, emetta un provvedimento. Necessita di constatare la veridicità delle affermazioni riportate nella denuncia stessa, quindi se sono allegati dei documenti che la comprovano, la pratica si facilita e il provvedimento a favore del minore può essere preso con una certa rapidità , altrimenti le indagini saranno lunghe, procrastinando nel tempo l’adozione di un provvedimento.
Come procede la legge in questo caso dopo un'avvenuta segnalazione?
La legge procede, dopo una segnalazione, a dare incarico a Carabinieri e/o Assistenti Sociali (a seconda del caso) di svolgere indagini. Questi hanno il potere di convocare le parti, fare visite domiciliari, il tutto teso a verificare l’esistenza o la persistenza di quanto contenuto nella denuncia. Il giudice in seguito tira le somme. Di solito convoca separatamente anche lui le parti e, sulla base di tali colloqui, sui rapporti degli assistenti sociali e dei carabinieri, sulle relazioni di eventuali psicologi ASL e di parte, dà un’indicazione di massima da seguire, indicazione che viene portata in camera di consiglio (tre giudici, uno dei quali è colui che ha istruito la pratica) e lì viene emanato il provvedimento. Contro di esso può essere fatto ricorso entro 5 giorni dalla sua notificazione alle parti. Se esso viene disatteso dalle parti, può essere fatto ricorso alla forza pubblica per il suo adempimento. Gli assistenti sociali sono chiamati a vigilare, di solito con l’ausilio dello psicologo, sul buon andamento del progetto delineato e voluto dal Tribunale Minorile, ma il parere degli assistenti sociali non è vincolante, nel senso che qualunque loro proposta non deve essere accettata a priori. È bene ricordarsi che è sempre e solo il giudice a prendere le decisioni, quindi ci si può opporre a quanto “sancito” dai servizi sociali, rivolgendosi direttamente al giudice.
Chi segnala si deve esporre in prima persona essendo un privato e non un'istituzione come ad esempio la scuola?
Le segnalazione è sempre bene farle esponendosi di prima persona anche se una segnalazione anonima potrebbe dare corso ugualmente a tutto l’iter fino ad ora spiegato. Il fatto che il giudice possa avere un ulteriore interlocutore non istituzionale aiuta moltissimo (vi sono parecchi giudici che non hanno molta fiducia nei servizi sociali e quindi prediligono il rapporto con il privato o con le associazioni di settore e questo perché i servizi vedono la realtà dal di fuori e si fanno un’idea della situazione per sommi capi dopo brevi colloqui o visite domiciliari, mentre i privati sono maggiormente coinvolti nella casistica e spesso ci vivono a stretto contatto avendone spesso una visuale più ampia e migliore. Il giudice fa comunque presto a verificare se la persona che ha davanti è obiettiva e credibile). Chiaramente bisogna fare molta attenzione a come viene redatta una denuncia per non incorrere in una contro denuncia per diffamazione. Una delle regole da seguire è quella di non scrivere “quella persona fa questo”, ma scrivere “si dice che quella persona faccia questo”.
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