Giovanni aveva sette anni quando arrivò da noi. I riccioli gli coprivano il volto, l’orecchino ed una campanella al naso facevano da contorno. Facemmo fatica a vederlo come un bambino di sette anni tali erano i suoi atteggiamenti da “guappo”. Strafottente, con quell’aria da scugnizzo che diceva tutto della sua vita passata.

Un padre delinquente con al suo attivo diverse rapine, condannato agli arresti domiciliari per problemi di salute legati all’abuso di alcool. Un picchiatore, e a farne le spese la giovane moglie, incapace di ribellarsi, ed i figli di sette e dodici anni.

Ecco cosa aveva visto Giovanni in quei lunghissimi, interminabili sette anni di vita. Aveva subito, ma ben presto aveva dovuto adeguarsi per non morire. Adeguarsi ai modi di fare del padre: aggressivo con le donne, forte con i più deboli, strafottente e minaccioso da tenere a bada i serpenti più velenosi, alleato del più forte.

Una passione dolorosa, infinita, quotidiana.

Una passione che porta con sé il sapore della morte sempre imminente, quasi anelata e desiderata, vista come liberazione da tutti i mali: l’inferno non potrà essere certo peggiore.

I servizi sociali, accompagnati dai carabinieri, bussano alla porta al mattino presto, quando ancora tutto il quartiere dorme. Nessuno apre. Fanno irruzione forti del mandato del tribunale. Entrano in tutte le stanze, immobilizzano il padre-padrone, avvolgono in una coperta il piccolo Giovanni terrorizzato per quel brusco risveglio e lo portano via. Dalle spalle del carabiniere vede per l’ultima volta sua madre urlare e piangere, il padre con un braccio dietro la schiena ed il volto spiaccicato sul muro della sala con due uomini in divisa a tenerlo fermo.

Dopo la passione, la morte.

Non sa cosa lo attenda.

Parole incomprensibili di militari e donne ben vestite, odori di lavanda e dopobarba, qualcuno gli offre una barretta di cioccolato, ma in quella stanza fredda, nel primo mattino c’è paura e disperazione.
Giovanni è ormai un uomo fatto e dai suoi occhi non trapela nulla, non un sorriso, non una parola.

“Non dire mai nulla, tieni lo sguardo fisso, non buttare giù la testa. Mai. Aria da più forte, e se hai paura non darlo a vedere o i lupi ti assaliranno” Questo gli diceva il padre ogni giorno mentre lo forgiava a colpi di frusta e ceffoni.

Pensava di essere morto, pensava a sofferenze ben più grandi, ma ha trovato una casa, accudimento, vestiti puliti, cibo succulento ed abbondante. Ha trovato la Resurrezione.

Fra poco è Pasqua. Interrogatevi anche voi se è giusto lasciare un bambino in queste condizioni.

Tantissimi sono i Giovanni che ogni giorno sperimentano la Passione della Croce, ma potranno risorgere solo grazie a voi, alle vostre preghiere, ai vostri aiuti in termini economici e di volontariato e, sopratutto, se ne avete le possibilità, aprendo le porte della vostra casa e del vostro cuore ai tanti guappi che vivono per la strada dal giorno in cui sono nati, e che aspettano solo di poter finalmente morire per poter Risorgere a nuova vita

Festeggiate la Pasqua prendendo un Bambino in Affido, almeno a distanza se non potete accoglierlo

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