Il problema non è la lunghezza di un rapporto, ma la qualità di esso
 
E se?
Paura dell’affidamento familiare?
Paura di prendere un bambino nella propria casa?
Paura di cosa?
Le domande frequenti che mi vengono rivolte quando parlo di affido sono:
– E se poi me lo levano?
– E se i genitori mi infastidiscono?
– E se i servizi non ci aiutano?
– E se?
Ma vi chiedo: quando mettete al mondo un figlio, vi fate tanti dubbi?
Eppure potreste:
– E se poi va su una brutta strada?
– E se poi non trova lavoro?
– E se poi lo rapiscono?
– E se poi si ammala?
– E se poi mi ritrovo solo a doverlo gestire?
– E se poi nell’adolescenza sbatte la porta e se ne va?
– E se poi si droga?
– E se poi?
Basta una lettera, una piccola “i” messa al posto della “e”
Basta cancellare le rotondità di una vita grassa e agiata rappresentate dalla “e” e mettere la schiena diritta come fa la “i” e tutto cambia, ed un “E se” si trasformerà in un “E si”.
Ogni percorso non è per sempre, ogni strada prima o pi si divide da quella di un altro perché ognuno ha il suo cammino, le sue prove, i suoi traguardi da raggiungere. Possiamo fare un pezzo di strada in compagnia di altri, ma un figlio prima o poi esce di casa, una moglie o un marito ci lasciano per scelta o per morte, ed un bambino in affidamento si spera possa tornare alla propria famiglia.
Il problema non è dato dalla lunghezza di un rapporto, ma dalla qualità di esso.
Chiunque abbia preso un bambino in affido può testimoniare quanto questo rapporto sia meraviglioso, diverso da qualunque altro, unico proprio perché aleatorio e transitorio.
Quando sappiamo, o crediamo, che una relazione non finisca o non possa finire ci culliamo sugli allori e spesso non riusciamo a tenere vivo l’interesse, il desiderio di stare insieme.
Nell’affido, proprio perché sai che quel giorno, quel mese, quel Natale potrebbe essere l’ultimo lo vivi nel modo più intenso possibile. Ed è bellissimo.
Vivere la vita è un po’ come andare su una tavola da surf: puoi stenderti sulla pancia ed uscire solo quando il mare è calmo, oppure scegliere di buttarti quando ci sono delle grosse onde.
Ma la differenza sostanziale è che nello sport puoi smettere quando vuoi e decidere quando uscire o entrare nell’acqua, mentre nella vita una volta che ti sei buttato non puoi tornare a riva, infatti i problemi, le onde, arrivano anche quando tu sei disteso a pancia in giù.
Ed allora viviamola questa vita, accogliamo un bambino e godiamoci il vento nei capelli, il salmastro nel viso piroettando sulle onde sempre più grosse perché questa è la vita.
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E se … cominciaste con un affido a distanza?
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Il tuo 5×1000 alla nostra Associazione si trasformerà in un grande regalo per tanti Bimbi
 
 
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